Il made in Italy della cultura
da Arteconomy /servizio / analisi de ilsole24ore.com del 3 novembre 2023
di Giuseppe Cosenza
Dopo anni di attesa la normativa di riforma delle imprese culturali e creative sta per essere approvata dal Parlamento. Anche gallerie d’arte e factory degli artisti rientreranno in questa categoria. Novità per la valorizzazione economica dei marchi museali
Dopo anni di attesa e di colpevole ritardo, la normativa di organizzazione complessiva del comparto delle imprese culturali e creative è in procinto di essere approvata, grazie a un clima favorevole tra le varie forze politiche di maggioranza e opposizione presenti in Parlamento. Difatti, il disegno di legge riguardante le “Disposizioni organiche per la valorizzazione, promozione e tutela del made in Italy”, presentato dal Governo agli inizi di agosto, è in discussione alla Camera, (poi al Senato), dovrebbe diventare legge dello Stato tra fine anno e i primi mesi del 2024. Il ddl nell’articolo 19 dà una definizione ampia delle imprese culturali e creative svincolata alla classificazione Ateco e prevede che il meccanismo di acquisizione della qualifica avvenga tramite il Registro delle Imprese tenuto presso il sistema camerale. Il ddl prevede, inoltre, l’istituzione di un albo delle imprese culturali e creative di interesse nazionale tenuto presso il Ministero della Cultura. Inoltre, nell’articolo 21 si istituisce un apposito fondo di 3 milioni di euro annui distribuiti dal 2024 al 2033 di contributi a fondo perduto in conto capitale e nell’articolo 22 è previsto un Piano nazionale strategico triennale per la promozione e lo sviluppo delle imprese.
Le novità
Il ddl made in Italy sarà il punto di partenza della discussione parlamentare e dovrà recepire le modifiche degli emendamenti ispirati alle altre tre proposte di legge presenti alle Camere, rispettivamente le proposte degli onorevoli Mario Occhiuto di FI e Francesco Verducci del PD al Senato e la proposta di Matteo Orfini, PD, alla Camera. Le proposte di Orfini e Verducci, entrambi appartenenti al PD, presentano un impianto del tutto analogo, con delle differenze in alcuni tecnicismi.
Quali sono i punti e in comune e le differenze tra il ddl made in Italy e le altre proposte di legge? Ne parliamo con Marco D’Isanto, esperto di imprese culturali e creative, che ha partecipato al dibattito pubblico precedente alla stesura dei tre disegni di legge ed è intervenuto all’audizione della Commissione Cultura della Camera dei deputati lo scorso 12 ottobre. “I testi dei disegni di legge hanno alcuni elementi principali in comune. Innanzitutto, l’acquisizione della qualifica di impresa culturale e creativa non avviene prendendo come riferimento i codici Ateco, in quanto non rappresentativi della complessità e frammentarietà del settore – spiega D’Isanto -. Il riconoscimento avviene sulla base di un profilo qualitativo ed è subordinato allo svolgimento di un’attività economica che deve rientrare in quelle indicate nell’art. 19, inoltre il meccanismo della qualifica è gestito dal sistema camerale attraverso l’istituzione di una sezione speciale. I dati sulle imprese sono trasmessi periodicamente al MiC”…