AL MAXXI DI ROMA Architettura e non solo: l’italiano Gio Ponti, poliedrico, attuale e leggero
da Cultura de ilsole24ore.com del 26 novembre 2019
di Fulvio Irace
A quarant’anni dalla scomparsa, il Maxxi dedica al Maestro una vasta retrospettiva per indagare la sua attività di creativo, a partire dall’architettura.
Il 16 settembre 1979 moriva a Milano Gio Ponti, l’architetto italiano che più di ogni altro aveva contribuito alla fama della creatività italiana nel mondo. A quarant’anni dalla scomparsa, il MAXXI di Roma gli dedica una grande retrospettiva che ne studia e comunica la poliedrica attività, a partire proprio dal racconto della sua architettura.
Fortemente voluta da Margherita Guccione, la mostra è il risultato di una forte sinergia tra istituzioni pubbliche e private che hanno avuto il merito di preservarne la molteplice eredità: lo Csac di Parma e i Gio Ponti Archives di Milano, da cui proviene la maggior parte delle opere (disegni, dipinti, modelli, fotografie e oggetti) esposte nella galleria 5, la coda terminale del lungo nastro espositivo progettato da Zaha Hadid.
Un’eredità che, nonostante il grande favore che sta incontrando in questi anni la figura del maestro milanese (celebrato lo scorso anno al Mad di Parigi ) non si può dire al sicuro, visto che proprio nella sua città due suoi lavori – i complessi delle ex Assicurazioni Ras e Savoia – sono minacciati da impropri lavori di trasformazione. D’altra parte, scopo della mostra romana è esattamente quello di proporre una lettura di Ponti che tenga conto degli umori della nostra sensibilità: di scommettere in altri termini sulla sua attualità, non solo di tributargli un doveroso omaggio storiografico.
Qual è dunque l’attualità della figura di Ponti? Innanzitutto la sua caparbia ostinazione a non guardarsi indietro e ad accogliere con ottimismo i mutevoli orizzonti della modernità: in Ponti vi è comprensione del passato («Amate l’architettura – scriveva – l’antica e la moderna»), mai però nostalgia. Raccogliere la sfida e rilanciare la posta faceva parte della sua visione di “italianità”: «amare l’architettura – diceva -è amare il proprio Paese». Mentre di se stesso accreditava il ritratto di «un uomo ilare, senza ozi, che scrive, disegna, costruisce, viaggia: che ama vivere»…